Mary sta per compiere sessant’anni ed è passata una vita intera da quando ha lasciato il paese sul Lago Maggiore in cui è nata. Ha fatto il lavoro che ha sempre voluto, la fotografa, ha girato il mondo, vive a New York, è una donna realizzata. Al paese non è mai tornata, non ha più visto né sentito sua madre e ha mantenuto i rapporti solo con la sorella minore. Ed è proprio lei a chiamarla, una sera di maggio. “La mamma sta morendo”, le dice. 

La notizia lascia Mary indifferente, eppure sale su un aereo e attraversa l’oceano.  

Bastano poche ore perché Mary ritorni ai suoi nove anni, quando diceva che da grande avrebbe fatto la fotografa e in casa le ripetevano che lei era una femmina e quello era un lavoro da uomo.   

Ritornano la scuola, la maestra Mariolina, i libri letti di nascosto sotto il ficus, lo sguardo mite di suo padre e i racconti di guerra di nonno Carlo. Ritornano le parole delle canzoni, insieme al ricordo della cattiveria, dei pregiudizi e del razzismo che avevano spezzato per sempre la sua infanzia, in quegli anni Sessanta che ora tutti descrivono come un bel sogno. 

Quattro decenni non sono bastati a seppellire la rabbia e i sensi di colpa ed ora è il momento di affrontarli, per chiudere la partita. Perché non basta conoscere la verità: a volta bisogna dirla a voce alta.  

Un romanzo corale, appassionato e intrigante, uno spaccato della provincia italiana del Nord alla fine degli anni ’60, un libro che vi incollerà alle pagine.